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6' di lettura

 

Il lavoro nel ventunesimo secolo riguarda ciò che fai e non dove lo fai.

Qualcuno oggi direbbe che il lavoro è un’esperienza di consumo, perché per svolgerlo utilizziamo una risorsa preziosa e non rigenerabile: il tempo.

Proprio per questo, diventare più flessibili e lavorare in modo più intelligente - in due parole: smart working - dovrebbe essere il principio al centro della trasformazione delle imprese (soprattutto in funzione dell’ingresso sulla scena lavorativa di nuove generazioni native digitali), e non una misura estrema da prendere in considerazione solo in caso di momenti particolari (come l’attuale caso “Coronavirus”, il contagio del Covid-19 che sta facendo molto discutere).

Lo smart working è un nuovo modo di lavorare. Se svolto correttamente comporta una serie di vantaggi, sia per i dipendenti sia per le imprese. Perché, quindi, non guardare al futuro adottando una metodologia di lavoro che sia più proficua per tutti?

In questo articolo parliamo di:

 

Smart Working: chiedici più informazioni!

 

Smart working: che cosa significa, davvero

L'uso strategico delle nuove tecnologie consente di svolgere parte di alcune tipologie di lavoro da località diverse dall’ufficio.

Questa è, in poche parole, la definizione di smart working: un approccio orientato al business attraverso l'adozione di nuove “agili” pratiche di lavoro.  Molto di più, quindi, che lavoro da remoto. 

Per le imprese questo significa:

  • avere una visione orientata ai risultati, slegata dalla dimensione spazio-temporale;
  • investire in un rapporto di fiducia con i propri dipendenti, mettendoli nelle condizioni di poter svolgere pienamente i loro incarichi anche lontani dalla propria scrivania;
  • investire in tecnologie che permettano di superare le barriere dello spazio e di organizzare i processi in modo che le informazioni siano reperibili da remoto. Ad esempio, dotare i dipendenti di dispositivi mobili o di applicazioni per il reperimento di documenti attraverso le proprie postazioni, dovunque si trovino;
  • formare correttamente i propri dipendenti con l’apprendimento delle digital soft skill necessarie a svolgere bene i propri incarichi (per un approfondimento su questo tema, si veda l’articolo “Smart Working: tra virtual communication e digital team working”).   

 

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Per i dipendenti, lavorare in smart working significa:

  • avere a disposizione una maggiore flessibilità organizzativa;
  • scegliere i migliori orari o luoghi di lavoro (coordinandosi con le altre persone del team);
  • padroneggiare l'uso delle tecnologie che permettono il lavoro da remoto;
  • possedere ottime capacità di gestione del proprio lavoro.

 

Quando si tratta di smart working, le imprese e i dipendenti hanno una parola chiave in comune: fiducia

Anche se il mondo del lavoro è sempre più pervaso dalle tecnologie digitali, lo smart working mette le persone al centro: attraverso la costruzione di relazioni basate sulla fiducia, i dipendenti e i dirigenti d’impresa possono acquisire man mano una maggiore padronanza di questo nuovo approccio al lavoro.

 

Smart Working: chiedici più informazioni!

 

Smart working: tanti benefici, per tutti

Per un dipendente che lavora da remoto, è facile intravedere i vantaggi di questa pratica: maggiore flessibilità negli orari, migliore gestione del flusso di lavoro (soprattutto se è necessario restare concentrati e quindi si cerca un ambiente tranquillo in cui lavorare), nessun tempo perso per il tragitto verso il luogo di lavoro…

Uno dei casi di successo di questi ultimi anni riguarda il progetto di smart working del gruppo AXA, iniziato nel 2016. I risultati parlano chiaro: il 97% dei collaboratori ritiene positiva questa esperienza di lavoro e per il 76% la produttività è aumentata. Anche la motivazione e il bilanciamento fra lavoro e vita privata sono molto migliorati. 

Le imprese, tuttavia, sono sempre un po’ restie ad adottare questo paradigma lavorativo, generalmente perché temono di perdere il controllo della situazione.

Tuttavia, è dimostrato che garantire ai dipendenti un maggior equilibrio vita-lavoro assicura di avere a bordo personale più soddisfatto e quindi più performante. 

Un report di Gallup del 2017 (State of the global workplace) ha messo in evidenza che, a livello globale, le persone fortemente coinvolte ed entusiaste del proprio lavoro sono solo il 15%. In Europa la percentuale scende al 10%. In Italia arriviamo al 5%.

 

In Italia, solo il 5% delle persone sul lavoro si sente coinvolto in quello che fa.

 

Una percentuale di dipendenti “coinvolti” così bassa implica un'incredibile quantità di potenziale sprecato: le imprese i cui collaboratori lavorano con passione sono il 17% più produttive e il 21% più redditizie rispetto a quelle i cui lavoratori sono infelici.

Cosa c’entra tutto questo con lo smart working? Le strategie aziendali che consentono agli individui di identificare, sviluppare e utilizzare i loro talenti naturali, unite a livelli più elevati di autonomia lavorativa, promuovono la crescita dell’impresa favorendo il benessere dei propri dipendenti. In poche parole, i dipendenti felici lavorano meglio e fanno ottenere migliori risultati alle proprie organizzazioni.

 

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C’è un ultimo punto che va a vantaggio di tutti, nell’adozione dello smart working. Un punto che viene sempre lasciato per ultimo, come se fosse meno importante, ma con cui dovremo fare i conti prima o poi: il cambiamento climatico.

Il riscaldamento globale è un dato di fatto, e sempre i dati dicono che evitando gli spostamenti casa-lavoro si potrebbero risparmiare 214 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Senza contare il risparmio economico, per le imprese, dato da un minor uso di risorse all’interno degli uffici. 

Adottando il metodo dello smart working, quindi, le imprese possono dimostrare una sensibilità che permette di raggiungere gli obiettivi di Corporate Social Responsibility. 

È l'esempio del progetto pilota di smart working di A2A, che offrendo un giorno a settimana di lavoro agile a 250 dipendenti ha evitato, in un anno, l’emissione in atmosfera di circa 11 tonnellate di CO2

 

Working smarter, not working harder.

 

Focus Coronavirus (covid-19): lo smart working ci salverà?

Nel momento in cui scriviamo questo articolo, in Lombardia e altre regioni del nord Italia sono state prese delle misure di sicurezza per evitare il contagio del virus covid-19, per il quale ancora non esiste un vaccino. Il recepimento delle direttive del presidente del Consiglio ha fortemente limitato le attività lavorative e la libertà di movimento.

In mezzo alle difficoltà e alle conseguenze economiche di queste direttive, è spuntato più volte l’argomento smart working come misura estrema per cercare di non fermare completamente l’economia del Paese.

Lo stesso Governo, il 23 febbraio ha emanato un Decreto Legge per rendere più immediato il ricorso allo smart working, o “lavoro agile", nelle aree considerate a rischio per l'emergenza Coronavirus. Il Decreto recita:

In tali aree, per favorire il normale svolgimento dell'attività lavorativa, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri consente, in via straordinaria, l'attivazione dello smart working anche in assenza dell'accordo individuale. In questi casi, nella procedura telematica l'accordo individuale è sostituito da un'autocertificazione che il lavoro agile si riferisce ad un soggetto appartenente a una delle aree a rischio”.

Lo smart working, quindi, viene considerato un evento straordinario per evitare il diffondersi del contagio e la stagnazione dell’economia.

Perché questa metodologia di lavoro, con tutti i benefici che comporta, viene considerata solamente come ultima risorsa e non come asset strategico per migliorare le performance (di tutti, imprese e lavoratori)? Sarebbe bello continuare a parlare di smart working anche ad emergenza superata.

 

Lo smart working, se sai come farlo,

è un’opportunità di crescita.

 

Cosa ti trattiene? I limiti tecnologici o la paura di non avere il controllo sui tuoi dipendenti?

Entrambe queste sfide sono superabili con la soluzione di Digital Dictionary per lo smart working e la social collaboration. 

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Francesca Fantini
Autore

Francesca Fantini

Nata da un felice connubio tra Italia del nord e del sud, possiede il gene prepotente della curiosità. Copywriter di professione, storyteller per vocazione, vegetariana per scelta, nel tempo libero fa esperimenti ai fornelli e acquista più libri di quanti potrà mai leggerne.

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