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Digital Transformation
e cultura digitale:
come siamo cambiati.

La trasformazione digitale in poco tempo ha modificato tanto i contesti sociali quanto i contesti organizzativi. Il cambiamento è stato così profondo da caratterizzarsi a tutti gli effetti come una nuova cultura. Scopri di più in questo approfondimento.

Introduzione

Introduzione

 

La trasformazione digitale in poco tempo ha modificato tanto i contesti sociali quanto i contesti organizzativi.


Ha avuto un  impatto non solo sulle tecnologie presenti nelle nostre vite ma anche e soprattutto sui nostri comportamenti e sulle nostre abitudini. Dagli acquisti, all’intrattenimento, alla gestione della vita familiare e professionale, non esiste  ambito che ne sia stato escluso.


Un cambiamento così profondo e radicale che non possiamo più etichettare solo come “fenomeno” ma che deve essere considerato come un nuovo modo di comportarsi e relazionarsi, a tutti gli effetti, una nuova cultura.


Cercando su Google il termine cultura digitale sono molteplici i riferimenti alla nascita dei primi strumenti informatici negli anni ‘50 e allo sviluppo del World Wide Web da parte di Tim Berners-Lee negli anni ‘90.


Perché tutti fanno riferimento a questo periodo storico così preciso?


L'interesse da parte della scienza per far evolvere i calcolatori e gli strumenti informatici ha portato lentamente a trasformare la tecnologia da semplice supporto per svolgere più velocemente alcune delle attività quotidiane, a motore che ha innescato un cambiamento radicale del nostro modo di vivere e di leggere i fenomeni.


Secondo l'Enciclopedia Treccani, in antropologia, cultura è:

 

“l’insieme dei valori, simboli, concezioni, credenze, modelli di comportamento, e anche delle attività materiali, che caratterizzano il modo di vita di un gruppo sociale”.

 

La digitalizzazione, soprattutto negli ultimi anni, è diventata pervasiva e ha cambiato in modo dirompente il nostro modo di comunicare, il modo in cui le generazioni più giovani leggono e interpretano i fenomeni, il modo in cui ci relazioniamo gli uni con gli altri.


L’avvento del famoso “www” (The birth of the Web, Cern), ha fatto sì che la comunicazione cambiasse per sempre il suo volto, garantendo il libero accesso alle informazioni ma soprattutto permettendo a chiunque di diffondere le proprie idee e influenzare, di conseguenza, i comportamenti altrui a prescindere dal proprio livello culturale. Si tratta di una trasformazione sociale radicale che ha generato e, ancora oggi, continua a modellare nuovi paradigmi per interpretare e vivere la realtà.


Ma vediamo cosa dice la celebre Enciclopedia Treccani per definire la cultura digitale:

 

“Corpo delle conoscenze di natura digitale, patrimonio di un pubblico generalizzato, la cui accessibilità è strettamente connessa allo stato di pervasività della tecnologia nella società attuale. L’evoluzione del concetto di cultura digitale segue inevitabilmente il progresso dei mezzi di comunicazione in cui tale cultura si sviluppa nonché la diffusione dell’uso di Internet e di alcune sue applicazioni quali le reti sociali”.

 

Leggendo questa definizione possiamo evidenziare subito due elementi centrali:

  1. corpo delle conoscenze
  2. pervasività della tecnologia


La pervasività del fenomeno impatta necessariamente anche sulle nostre conoscenze che devono cambiare e adattarsi velocemente alla trasformazione in atto. La cultura digitale, come ogni altra cultura, per essere vissuta appieno e nel modo più corretto, richiede lo sviluppo di nuove competenze per affrontare un contesto in continua trasformazione.


Approfondiremo questi temi analizzando i seguenti punti:

  1. Che cosa si intende per cultura digitale
  2. Perché è strategico sviluppare la cultura digitale in impresa
  3. Come si sviluppa la cultura digitale in impresa
  4. Come cambia l'approccio al lavoro


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Che cos'è?

Che cosa si intende per cultura digitale?

 

Partire da questa domanda è necessario se vogliamo definire quale direzione intraprendere, infatti, si tratta di un tema piuttosto ampio che raccoglie diversi ambiti e sfumature.


Ciò avviene perché ogni settore è toccato dagli impatti della trasformazione digitale che, soprattutto a partire dal 2020, ha inciso un profondo solco tra le vecchie e nuove abitudini di gestione della comunicazione, delle relazioni, dei consumi. 


Se fino allo scorso decennio la cultura digitale veniva confusa con le competenze informatiche, ora è chiaro che l'utilizzo dei digital device è solo una delle molteplici sfumature della trasformazione in atto.


Cultura digitale, infatti, significa per prima cosa possedere un buon digital mindset, ossia:

 

“La capacità di sviluppare un mindset disponibile ad adattarsi ai frenetici ritmi imposti dalla trasformazione digitale e in grado di coglierne le sfide a proprio vantaggio". 

 

E nel concreto? Significa essere curiosi e aperti ad affrontare il cambiamento, sfruttare ogni occasione per esplorare le nuove soluzioni per la collaborazione, per la comunicazione, per gli acquisti per fare in modo di ampliare le proprie conoscenze ma soprattutto per tenere allenato il proprio pensiero critico. Infatti, l’altra competenza che sta alla base della cultura digitale è la digital literacy.

 

“La trasformazione digitale richiede lo sviluppo di una solida consapevolezza riguardante sia i nuovi ambienti per la ricerca del sapere sia le modalità con cui le informazioni vengono raccolte ed elaborate. Infatti, una delle sfide più importanti dell’era digitale è proprio l’affinamento del pensiero critico rispetto alla molteplicità di fonti disponibili”.

 

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È normale per ciascuno di noi iscrivere i propri figli a scuola perché imparino a leggere, scrivere e fare i conti, in questo modo forniamo loro le basi per accedere alla cultura, ossia le competenze minime ed indispensabili per muoversi in modo autonomo nel mondo attraverso una codifica corretta delle informazioni. Lo stesso si deve pensare della digital literacy, che rappresenta la competenza alla base dell’alfabetizzazione digitale.


Saper ricercare, analizzare, sintetizzare e discriminare le informazioni prevede che ciascuno di noi faccia uno sforzo in termini di pensiero critico, ossia verifichi le informazioni che ha a disposizione e scelga in base alle proprie preferenze e necessità e non solo in base alle preferenze dettate da un algoritmo.


Sviluppare questa competenza anche nei più giovani è più che mai imperatorio: aumentare il livello di consapevolezza dei giovani sull’uso del digitale costituisce un’urgenza che colpisce anche i governi che, se non agiscono in questa direzione, rischiano di ampliare il numero di persone che, in futuro, non sapranno gestire in modo corretto le informazioni e gli strumenti a loro disposizione.


Secondo la ricerca
21st-Century Readers Developing Literacy Skills in a Digital World pubblicata  da OECD nel maggio 2021:

 

“La digital literacy nel 21mo secolo implica la costruzione e la validazione della conoscenza. Le tecnologie digitali hanno abilitato la diffusione di ogni genere di informazione, hanno sostituito i formati tradizionali come le enciclopedie e le riviste i cui autori prestavano una maggiore cura nella diffusione dei contenuti”.

 

Questa ricerca evidenzia come sia aumentato e stia aumentando ancora il numero di ore che gli adolescenti trascorrono sui canali digitali; questo da loro la possibilità di accedere a una moltitudine di informazioni che spesso sono rappresentate da fake news, opinioni non validate, informazioni imprecise. Quali sono i rischi a cui sono inevitabilmente esposti?


Il rischio enorme che corriamo se non gettiamo le nuove basi di questo modello culturale è che cresca una nuova generazione di “analfabeti digitali”: persone che non sanno più distinguere un fatto da un’opinione, persone che non sanno formare le proprie idee su una ricerca puntuale, persone che, pur avendo a disposizione strumenti e tecnologie molto potenti, non sanno utilizzarle al meglio. Ecco perché è fondamentale attivarsi per gestire al meglio questo nuovo mondo che stiamo vivendo.


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Perché è importante?

Perché è strategico favorire lo sviluppo di una cultura digitale in impresa?


La crescita e l’accelerazione dello sviluppo tecnologico e lo sviluppo di nuove competenze per gestire consapevolmente questi strumenti sono fenomeni che vanno letti in parallelo


Le imprese, dalla loro nascita con la prima grande rivoluzione industriale nel 1760, hanno sempre avuto davanti a sé un fronte temporale piuttosto lungo per evolvere. L’avvento dell’informatica e successivamente della digitalizzazione hanno ridotto il fronte temporale a tal punto che, nel 2013, Aileen Lee (fondatrice di Cowboy Ventures) scrisse un articolo che segnò un nuovo capitolo della storia delle organizzazioni “Welcome to the Unicorn Club: Learning from million dollar startup”.


Aileen Lee fu la persona che coniò il termine azienda unicorno: aziende che, ancora in fase start up, sono in grado di arrivare a un valore che supera il milione di dollari. Se nel 2013 serviva appellarsi alla mitologia degli unicorni per parlare di queste aziende, oggi sappiamo che si sono moltiplicate e continuano a crescere.


aziende_unicornoFonte: visualcapitalist.com


Si tratta di imprese che hanno trovato nuove nicchie di mercato e hanno percorso strade ancora inesplorate investendo in tecnologie all’avanguardia. A cosa ci porta tutto questo? Ad un massiccio e inevitabile investimento nell’upskilling e nel reskilling delle competenze dei propri dipendenti.


La formazione aziendale è sempre stato un tema caldo, spesso sottovalutato, ma sempre presente nella vita delle aziende. Ora diventa necessariamente la base su cui creare le fondamenta di nuovi modelli di comportamento e comunicazione all’interno dei team.


Sviluppando e allenando le competenze dei propri collaboratori, le imprese accompagnano le persone ad abbracciare un nuovo modo di leggere, codificare e condividere le informazioni affinché possano usare con maggiore consapevolezza gli strumenti a disposizione per esplorare nuove soluzioni e sostenere i processi di innovazione in impresa. Se le organizzazioni non raccolgono la sfida oggi il rischio è quello di diventare in breve tempo obsolete, perdere ogni vantaggio competitivo, chiudere.


Il 21mo secolo è un secolo che corre veloce, così come va veloce la diffusione della comunicazione; non tenere il passo implica rimanere esclusi ed è un rischio sempre più alto che molte imprese continuano a sottovalutare. Per questo investire per gettare le basi di una nuova cultura digitale passando per prima cosa dalla formazione sui nuovi comportamenti e sulle nuove conoscenze rappresenta un fattore critico di successo per tutte quelle imprese che vogliono stare al passo con i tempi.


Come si sviluppa una cultura digitale in impresa? Ne parliamo all'interno del prossimo capitolo. 


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Come si costruisce?

Come si sviluppa la cultura digitale in impresa?


Come abbiamo visto all’inizio di questo approfondimento, la cultura si fonda su valori precisi oltre che su comportamenti e sistemi di comunicazione. Per creare cultura in impresa è necessario ripensare l’organizzazione nelle sue radici. La digitalizzazione si fonda su tre pillar precisi:

  1. customer experience: l'insieme degli elementi che caratterizzano la conoscenza del cliente, dei suoi comportamenti e delle metodologie di analisi, comunicazione e relazione;

  2. processi operativi: il rinnovamento dei processi basando sempre di più le decisioni manageriali su sistemi data-driven, nuovi modelli di lavoro e la creazione di una relazione in logica di work-life integration;

  3. business model: rivedere l'attuale modello di business per implementare nuovi modelli innovativi a supporto della business continuity. 


Chi guida un’organizzazione oggi non può prescindere dall’analizzare questi tre elementi fondanti e quindi dal rivedere le proprie attività in tal senso. Pensiamo alla gestione dei clienti: la digitalizzazione ha abituato chiunque di noi ad avere ciò che desidera in tempi brevissimi, con risposte immediate, precise, personalizzate e tempestive. Come pensiamo che possa sopravvivere un’organizzazione che fa attendere un cliente una settimana prima di ottenere una risposta alla propria richiesta?


competenze digitali formazione


Si tratta di rivedere le organizzazioni a partire dai modelli di leadership che le governano. Le organizzazioni che hanno un approccio funzionale al cambiamento continuo che il digitale porta con sé, sono aziende con una gestione agile, in cui chi è maggiormente vicino al problema porta i migliori suggerimenti per risolverlo, in cui la leadership è diffusa e le persone si sentono ingaggiate a contribuire al miglioramento continuo di ogni attività.


Ogni aspetto viene coinvolto: vanno rivisti i processi perché si possa essere più veloci ed efficaci nel fornire risposte ai clienti, vanno riviste le relazioni interne ed esterne per alzare il grado di competitività dell’organizzazione stessa. La tecnologia è l’elemento che può supportare attraverso un’accelerazione delle attività, ma sono le persone a dover guidare nelle decisioni e nell’uso degli strumenti.


Come abbiamo già visto nel corso di questo approfondimento, la formazione è la base di partenza per ricostruire le attività su basi solide e comuni a tutti. In questa logica anche il processo formativo diventa estremamente contestuale: la formazione diventa “smart”, diventa edutainment.


Le attività formative si trasformano in condivisione di esperienze: l’aula diventa un laboratorio di allenamento di una nuova competenza, lo studio si sviluppa su Learning Management System che sfruttano logiche tipiche della gamification, i social aziendali diventano spazi per creare community in cui confrontarsi e supportarsi tra pari.


Se vuoi approfondire il tema della leadership diffusa, ne abbiamo parlato anche all'interno dell'articolo "Ritorno al futuro: affrontare l'accelerazione tecnologica e digitale". Clicca qui sotto per leggerlo. 

Un nuovo approccio

Come cambia l'approccio al lavoro?


Cambiare le organizzazioni nel profondo significa andare a lavorare anche e soprattutto sui flussi e processi di comunicazione e relazione tra le persone. La pandemia ha portato molte imprese a sperimentare sempre più forme di lavoro ibrido. Molte, a seguito dell’esperienza forzata, hanno subito preteso che le persone tornassero a lavorare in presenza, in molti casi sono state le persone coinvolte a chiedere di poter tornare in ufficio. 


Sono tantissimi i lavoratori che hanno la mancanza di relazioni reali con i propri colleghi, per questo la maggior parte ha scelto di rientrare, anche solo per uno/due giorni alla settimana in azienda. L'International Advertising Association, in collaborazione con Great Place to Work e Digital Dictionary, ha condotto una ricerca per definire quali fossero le attese delle persone nei confronti delle organizzazioni a seguito di questa esperienza.


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La ricerca ha portato alla redazione del Phygital Work Manifesto, 10 punti sui quali dovrebbero basarsi le organizzazioni per rispondere alle attese dei dipendenti. Si parla di aziende phygital: l’organizzazione diventa fluida nel senso più ampio del termine, il lavoro si svolge in modo continuativo sia in presenza che in assenza di prossimità senza differenze né ostacoli.


Quello che cambia è la mentalità: i flussi di comunicazione, la condivisione di documenti e cartelle, l’uso di strumenti di task e project management diventano le nuove basi sulle quali costruire le attività. Se, lavorando in presenza, era semplice gestire le problematiche alzandosi dalla sedia e andando da un collega, in un’attività phygital è previsto un elevato grado di responsabilizzazione delle persone.


Ciascuno deve sentire l’importanza del proprio contributo nel raggiungimento dei risultati. Le persone devono sviluppare senso di imprenditorialità: quel grado di autonomia e responsabilità che fa sì che mettano in ogni progetto la massima cura e attenzione, come se fosse “una loro proprietà”.


Gli ambienti di lavoro phygital è importante che siano fondati su principi chiari, così che tutti sappiano quali siano le regole a cui attenersi e quali attese ci siano nei loro confronti. È centrale avere una missione e un sistema di valori forti che guidino e sostengano le persone.


Diventa anche tu un firmatario del Phygital Work Manifesto: clicca qui sotto per visitare il sito ufficiale e ricevere maggiori informazioni. 

Conclusione

Trasformazione digitale e cultura digitale

 

Quello che emerge è che l’accelerazione dettata dalla trasformazione digitale porta con sé la necessità di rivedere e creare nuovi set di competenze che garantiscano a ciascuno la possibilità di muoversi consapevolmente in questo nuova realtà che stiamo via via affrontando.


È un contesto che cambia continuamente, in cui ruoli, professioni, aspettative sono diventati estremamente flessibili e mutevoli.


Essere aperti e disposti ad affrontare un cambiamento costante è uno degli elementi che garantirà ad ognuno di vivere il 21mo secolo, questo dovrà necessariamente accompagnarsi alla capacità di sviluppare costantemente nuove conoscenze e mantenendosi in perpetuo allenamento.

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