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5' di lettura

 

Citando Aristotele, siamo "esseri sociali": il nostro benessere psico-fisico passa dalle relazioni che intessiamo con le altre persone, sia nel lavoro sia nel tempo libero. E la città, ormai personificazione di uno spazio che ha delle responsabilità verso i suoi abitanti, deve rispondere a questa esigenza profondissima, per mezzo dell'impegno di istituzioni e imprese.

Forse non riusciremo tutti a vivere in uno spazio come The Line, una città da 1 milione di abitanti priva di auto e strade, idea del Principe Mohammed bin Salman, ma sicuramente ci aspettano interessanti sviluppi nel prossimo futuro, anche in Italia. 

Milano, ad esempio, è stata eletta dalle Nazioni Unite come una dei quattro “Resilience Hubs” all’interno dell’iniziativa Making Cities Resilient 2030. La città lombarda ha infatti dimostrato un buon approccio all’inclusione del rischio e alla resilienza nelle politiche comunali, reagendo tempestivamente ai disastri (leggi cambiamenti climatici e pandemie).

Noi abbiamo chiesto il parere di Fabio D’Alba di Progetto CMR, società specializzata nella progettazione integrata, che ha proposto uno dei piani in gara per la costruzione del nuovo stadio di Milano e che ha parallelamente svolto, su propria iniziativa, un progetto di riqualificazione per l’intero quartiere di San Siro.

 

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Fabio, l’attuale situazione di pandemia sta trasformando, e trasformerà, la concezione dello spazio delle nostre città e molti tra amministratori locali, architetti e urbanisti sono alla ricerca di nuove idee progettuali in grado di orientare lo sviluppo urbano del prossimo futuro. Si sente parlare sempre più spesso del concetto “città dei 15 minuti”, una città a misura d’uomo e rispettosa dell’ambiente. Quali sono i possibili impatti sulle aziende e sulle nuove modalità di lavoro?

Quella che sta emergendo è la visione di una città policentrica, un tema non del tutto nuovo per chi si occupa di urbanistica: già prima dell’emergenza sanitaria ne aveva parlato il sindaco di Parigi.

Attualmente tutte le città sono concepite come la polis romana in cui al centro è collocata la piazza ed enti, aziende e residenze, si sviluppano intorno. Questa strutturazione degli spazi ha creato, però, delle distanze. Ciò che invece le persone desiderano avere in città è una mobilità lenta e a misura d’uomo, che permetta di raggiungere facilmente tutto ciò di cui si ha bisogno in poco tempo: per questo si parla di “città dei 15 minuti”.

Fuori dai confini urbani, invece, l’esigenza cambia: ci si vuole spostare velocemente, ad esempio per raggiungere l’aeroporto o altre città per mezzo di treni ad alta velocità. La pandemia è riuscita ad accelerare questo bisogno percepito, ma non ancora del tutto manifesto.

Ma c’è di più. Città come Milano devono già superare il concetto di Smart City, in visione della sua evoluzione: la Safe City. Si tratta di una nuova concezione della città vista come un luogo sicuro in cui muoversi con qualsiasi mezzo, dal pubblico alla micromobilità, senza preoccupazioni. Istituzioni e aziende devono quindi contribuire a realizzare una città davvero adatta alle esigenze degli individui che ci vivono, dove le distanze si restringono.

 

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All'interno delle organizzazioni si parla molto di come ripensare il design degli uffici, nonché in generale dei luoghi di lavoro e di incontro con terze parti. A partire dalla città e dalle sue trasformazioni nel prossimo futuro, quali pensi possano essere gli insegnamenti da trarre e quali le strategie per uno sviluppo degli spazi sostenibile coerente con le nuove abitudini dei cittadini? Come mutano gli ambienti di lavoro in funzione delle nuove esigenze?

Per quanto riguarda le esigenze, la prima è sicuramente quella di avvicinare l’ufficio all’abitazione dei lavoratori. Tale necessità si lega al bisogno delle aziende di convincere i propri collaboratori a vivere il luogo di lavoro come uno spazio piacevole, un valore aggiunto.

L’ufficio, infatti, non deve essere più associato all’operatività: nel prossimo futuro mi recherò in azienda perché posso incontrare il mio team, perché posso condividere esperienze e momenti di socialità. Quindi si fa spazio alle thinking room, alle aree di brainstorming e alle zone di svago, con giochi e distrazioni utili a fare l’opposto: concentrarsi.

Le stanze non devono essere solo funzionali, ma anche belle da vivere: i metri quadrati non vanno ridotti ma vanno allocati ad aree comuni, in cui mi immedesimo nel brand che rappresento e in cui riesco a massimizzare il lavoro con i colleghi.

Alcune organizzazioni, soprattutto multinazionali, stanno già oggi sperimentando la nuova frontiera del “working hub”, cioè pensando a uffici che sorgono vicino alle case dei dipendenti. Un altro trend in ascesa vede la creazione di business in aree non comuni. Il luogo di lavoro passa così dall’essere un working space a un living place. Durante la giornata puoi fare sport, giocare con i videogame o prendere una pausa, addirittura con una birra! L’ufficio diventa uno spazio sicuro, come una seconda casa. Questo vale sia per gli operatori del terziario sia degli altri settori: anche un operaio può beneficiare di uno spazio comune aziendale.

 

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Un altro dei temi emersi recentemente è quello della centralità della casa, messa a dura prova da un lungo periodo di convivenza forzata. Come dovranno essere le case del futuro in termini di ambienti, spazi, materiali e tecnologie utilizzate per incontrare le esigenze di coloro che ancora si trovano in una condizione di smart working?

Prima eravamo soliti portare la casa nell’ufficio: la propria tazza del caffè, le foto di famiglia, e altri oggetti distinguevano la propria scrivania da quella dei colleghi. Ora però con lo smart working stiamo vivendo il processo inverso.

Ciò che ora si cerca in un’abitazione o in una nuova postazione lavorativa, non è solo una stanza in più. Se ci limitassimo a questo dovremmo di nuovo fare i conti con il problema dell’isolamento che, soprattutto dopo gli ultimi mesi, siamo ben propensi ad evitare. Le persone ora cercano una casa con un giardino o un terrazzo, e spesso in zone più tranquille per facilitare la concentrazione lavorativa.

Inoltre, elementi come una buona acustica, una corretta luminosità e una seduta ergonomica diventano ora fondamentali. Stanno nascendo nuove linee di prodotti “home office”: per citarne uno, arriveranno a breve sul mercato pannelli fonoassorbenti simili o inclusi in dei quadri, che permettono una migliore insonorizzazione dell’ambiente. L’obiettivo è chiaro: o che lavori da casa o dal tuo ufficio, il comfort deve essere massimo. E anche le ricerche lo testimoniano dato che aumentano le ristrutturazioni e le richieste di nuove case con evoluzioni progettuali in tal senso.

 

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In base alla tua esperienza, cosa possono fare le imprese per garantire uno spazio di lavoro capace di incontrare le nuove esigenze dei lavoratori, senza rinunciare a quei benefici derivanti dal lavoro condiviso basato sulla presenza dei dipendenti?

Il working hub a cui ho accennato prima può essere una buona soluzione. Si tratta di uno “spazio di prossimità” perché sorge più vicino all’abitazione del lavoratore ed è un luogo in cui si vivono esperienze così immersive che il giorno dopo non vedi l’ora di tornarci.

Poi dipende dalle aziende: le realtà che avevano un’organizzazione dello spazio fisico ben ragionato sono riuscite a reagire meglio al cambiamento e a rispondere alle neonate esigenze dei dipendenti. Avere un ufficio flessibile ti prepara per i nuovi possibili mutamenti del futuro: chiaramente per realizzarlo è consigliabile rivolgersi a un professionista del workspace.

In questo contesto, vedo gli spazi di coworking inizialmente in difficoltà: anche a loro si impone un cambiamento, ad esempio il primo passo può essere quello di accogliere al proprio interno situazioni di working hub.

 

In un futuro in cui l’interoperabilità tra il mondo fisico e quello virtuale prenderà sempre più piede nella quotidianità, l’ufficio, la casa e lo spazio che li separa assumeranno un significato nuovo nella vita delle persone. Lo scenario restituito da Fabio vede il ruolo delle aziende come essenziale all’interno delle città del futuro: seguendo un approccio cittadino-centrico, o lavoratore-centrico, la fisicità dovrà essere ripensata per offrire luoghi di lavoro funzionali e accoglienti.

Gli elementi immancabili? Innanzitutto la sicurezza degli uffici ma anche della città, che devono diventare uno spazio in cui muoversi senza preoccupazioni; l’esperienza, massimizzata dal lavoro in presenza in stanze ideate appositamente per la condivisione; l’adattabilità, perché in un mondo in continua trasformazione bisogna essere capaci di reinventarsi.

 

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Stefania Vanni
Autore

Stefania Vanni

Head of Consulting in Digital Dictionary. Hobby preferito: organizzare cene per gli amici e poi mangiare, ovviamente. Segni particolari: R moscia, praticamente inesistente. Ama ascoltare il parere di tutti e aggiungere valore con il proprio, convinta che dalla contaminazione nascano solo cose belle. Affascinata dal mondo della comunicazione fin da bambina, adora tutt’ora sfogliare le riviste solo per vedere le pubblicità.

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