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Come racconta Caroline Criado Perez nel suo saggio “Invisibili”, vedere nel maschio l’essere umano predefinito è uno dei fondamenti della struttura sociale umana. Il cosiddetto gender gap nasce proprio da questa concezione. 

Dall’uso del maschile generico nella lingua - secondo cui anche se scrivo mille aggettivi, di cui 999 femminili e uno solo maschile, tutti quanti prendono connotazione maschile - fino alla definizione di “sesso debole” inteso come sottocategoria del maschio, gli aspetti dello specifico femminile che gli uomini non tengono in considerazione si riferiscono a svariate dimensioni, ma tendenzialmente ruotano intorno a tre temi ricorrenti: il corpo delle donne, il carico di lavoro non retribuito e la violenza di genere.

In questo articolo ci concentriamo sul gender gap a livello lavorativo: quali sono le differenze di trattamento di uomini e donne a livello globale?

- Gender Gap: ancora più di 100 anni per raggiungere la parità 

- Il Gender Gap in Italia

- Il parere dell'esperta: Maria Pia Rossignaud, Direttrice di Media Duemila

 

 

 

Gender Gap: ancora più di 100 anni per raggiungere la parità

 

gender gap uomo-donna

 

Togliamoci subito il dubbio: nessuno di noi vedrà la parità di genere in ambito lavorativo nella propria vita, e probabilmente nemmeno molti dei nostri figli. Lo afferma il Global Gender Gap Report 2020, secondo cui la gender equality non sarà raggiunta almeno per i prossimi 108 anni circa.

Su 153 Paesi analizzati, l’Italia è al 76esimo posto nelle pari opportunità lavorative fra uomo e donna. Se prendiamo come riferimento l’area relativa all’Europa Occidentale, siamo al 17° posto su 20 Paesi, davanti solamente a Grecia, Malta e Cipro.

La relazione rilasciata a inizio anno evidenzia la crescente urgenza di agire. Senza l'uguale inclusione di metà del talento mondiale (le donne sono circa 3,6 miliardi, contro i circa 3.7 miliardi di uomini) non saremo in grado di mantenere la promessa della quarta rivoluzione industriale, ossia far crescere le nostre economie in una maggiore prosperità condivisa e raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Con l'attuale tasso di cambiamento, ci vorrà oltre un secolo per raggiungere la parità, una linea temporale difficile da accettare nel mondo globalizzato di oggi, specialmente dalle giovani generazioni che hanno una visione sempre più progressista in merito all’uguaglianza di genere.

 

 

Il gender gap in Italia

Nel nostro Paese l’unico ambito in cui si è raggiunta la sostanziale parità di genere è negli ambiti della tutela della salute e dell’istruzione.

gender gap in Italia

La situazione è invece preoccupante sia per quanto riguarda la partecipazione all’economia del Paese (e alle opportunità che ne derivano), con un gap di oltre il 40%, sia per la partecipazione politica, dove la distanza da colmare è enorme e di poco superiore al 73%.

Ma cosa significa esattamente la disparità di genere nel mondo del lavoro odierno?

 

1. Accesso alla tecnologia

Le donne nel mondo che hanno accesso a internet e alla tecnologia sono in numero molto inferiore rispetto agli uomini. Secondo l’ITU, l’agenzia dell’ONU specializzata nelle ICT, persiste un divario sostanziale: nel 2019 la percentuale di donne che utilizzano internet a livello globale è del 48%, rispetto al 58% degli uomini. In termini relativi, ciò significa che il divario globale degli utenti di internet è del 17%.

Quando le donne e le ragazze hanno accesso a Internet e le competenze per utilizzare le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT), hanno l'opportunità di avviare nuove attività, vendere prodotti a nuovi mercati, trovare lavori meglio retribuiti e accedere all'istruzione, nonché a servizi servizi finanziari.

Portare altri 600 milioni di donne e ragazze online potrebbe aumentare il prodotto interno lordo globale fino a 18 miliardi di dollari.

 

2. Differenze salariali (gender pay gap)

Secondo una ricerca di JobPricing e Spring Professional, il gender pay gap in Italia nel 2019 è cresciuto nuovamente fino a raggiungere la media dell’11.1%: quando la tipologia di inquadramento è la stessa, le lavoratrici italiane sono retribuite come se lavorassero un mese in meno ogni anno.

Questa differenza varia a seconda dell’inquadramento di riferimento e del settore: è di oltre l’8% nel caso delle dirigenti donne e di più dell’11% sia per impiegate e sia per operaie donne.

Inoltre, in settori come quello dei servizi finanziari lo scarto tra lo stipendio di un lavoratore uomo e quello di una donna è più che doppio, mentre ad esempio nel settore agricolo non c’è quasi nessuna differenza.

Decisamente poco rassicurante è anche la differenza salariale tra lavoratrici laureate e lavoratrici diplomate: appena 8mila euro, che lasciano intendere il risibile margine di crescita economica per le figure professionali femminili. Un dato che fa pensare, paragonato a quello degli uomini nelle stesse condizioni, pari a più del doppio e cioè 17mila euro.

Ma non solo: lo scarto fra una lavoratrice laureata e un lavoratore diplomato è di circa 6mila euro, segno del fatto che il titolo di studio femminile non è considerato nella stessa misura di quello maschile.

 

3. Scenario post-covid

Il virus SARS-CoV-2 - Covid o Coronavirus che dir si voglia - ha colpito tutto il mondo, ma ci sono state categorie più colpite delle altre. Le donne, se ad un primo stadio risultano meno colpite dal virus stesso, si sono ritrovate esposte su molteplici fronti, come quello economico, lavorativo e familiare.

Su questo tema, come riportato anche da ENI, le Nazioni Unite hanno pubblicato un report dal titolo lampante: The Impact of COVID-19 on Women. Il tema della gender equality è al numero 5  dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals) indicati dalle Nazioni Unite, e l’emergenza Covid-19 ha reso chiaro che siamo ancora lontani dal raggiungerlo.

La pandemia ha infatti amplificato le disparità esistenti, portando indietro i progressi fatti negli ultimi anni. L’impatto economico del virus è stato grave, e secondo le Nazioni Unite le donne potrebbero soffrirne molto di più:

  • prima di tutto, perché ci sono molte meno donne che lavorano: il 94% degli uomini tra i 25 e i 54 anni ha un’occupazione, contro il 63% delle donne nella medesima fascia di età;
  • quando lavorano, queste ultime hanno uno stipendio minore, come abbiamo raccontato nel paragrafo precedente;
  • l’aspetto economico-lavorativo non è l’unico ambito di sofferenza per le donne: la sfera sociale ne sta risentendo in modo preoccupante. Durante il periodo di lockdown c’è stata una maggiore esposizione alla violenza di genere dovuta alla coesistenza domestica obbligatoria. In Cina il numero di casi di violenza domestica nella prefettura di Jingzhou (provincia di Hubei) è raddoppiato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

 

Il tema del lavoro domestico e di cura rimane preponderante: sempre secondo un report delle Nazioni Unite, la chiusura delle scuole e dei centri diurni per le persone non autosufficienti ha aumentato la mole di questo tipo di attività, facendo ricadere le attività che prima competevano ad asili, scuole e babysitter principalmente sulle donne. Sono loro, infatti, a spendere in media 4,1 ore al giorno per i lavori domestici e la cura non retribuita di familiari, mentre gli uomini ne dedicano solo 1,7 al giorno.

 

 

Il parere dell’esperta: Maria Pia Rossignaud, Direttrice di Media Duemila

 

Maria Pia Rossignaud dal 2008 è direttrice della rivista di cultura digitale Media Duemila. Menzionata nel libro “100 Donne che cambieranno l’Italia”, combatte per evitare che l’errore di porre da un lato il mondo materiale, fisico, e dall’altro il mondo virtuale ci costringa a vivere in mondi paralleli.

Le abbiamo chiesto un approfondimento sul gender gap in Italia, ecco cosa ci ha risposto.

 

gender gap - parla Maria Pia RossignaudMaria Pia Rossignaud

 

- Maria Pia, come viene trattata la questione del gender gap in Media Duemila?

Sono diventata “direttore” nel 2008 e la prima battaglia che ho affrontato è stata cambiare il genere al titolo: “direttrice” e non “direttore”. In molti mi hanno criticata dicendo che la parola direttrice in generale è, da sempre, associata a chi dirige una scuola, un ente, ma mai ad un leader di un giornale. Questa tesi aveva e ha, ancora molti sostenitori e sostenitrici. Facendo parte del gruppo Wister (Women for Inclusive e and Smart Territories) che sostiene e lotta per il vocabolario di genere, ho fatto la mia prima scelta: sono direttrice di Media Duemila.

Ecco come affronto il gender gap: ascolto, rifletto e faccio delle scelte, anche se il senso comune sembra andare in un’altra direzione.

 

- Ci sono attenzioni specifiche o policy particolari della tua impresa verso il gender gap? 

Costruire un mondo sostenibile che rispetti specificità e diversità è il nostro obiettivo. Nel mio piccolo lavoro per evitare che la società digitale riporti distorsioni del mondo analogico e ci costringa a vivere in mondi paralleli. L’Ut unum Sinti, enciclica di Papa Wojtyla presa a prestito dal mio mentore Giovanni Giovannini, grande giornalista e storico presidente della FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali) per definire il futuro dei media è ancora attuale e ben si addice alla società, dove uomini e donne hanno l’obbligo di vivere in un ambiente condiviso equamente. In questo 2020 ricordiamo Giovanni Giovannini per i cento anni dalla nascita, perché grazie alla sua mente illuminata è nato nel 1996 l’Osservatorio TuttiMedia, di cui sono vicepresidente, che è espressione ed esempio di collaborazione costruttiva fra media vecchi e nuovi.

Il nostro consiglio direttivo oggi vanta una maggioranza di donne a rappresentanza delle aziende socie. Le donne TuttiMedia, nel 2018, hanno dato il via a “Donna è innovazione” nuova sezione del premio - già di successo - Nostalgia di Futuro, che pone all’attenzione della società chi è protagonista dell’innovazione. Donna è Innovazione è un progetto che ha due anni ed è in forte crescita, grazie al sostegno di donne e uomini non comuni.

Con i creativi di IAA Italy Chapter lavoriamo ad una campagna pubblicitaria sulla quale contiamo molto: la sfida punta sulla diffusione della cultura di parità di genere con la rivista Media Duemila, strumento per la divulgazione di interviste e video dedicati alle donne che fanno la differenza, anche in piccole realtà o contesti particolarmente difficili per arretratezza culturale.

 

- Recenti studi hanno messo in luce quanto il lockdown abbia inciso negativamente sul gender gap, aumentando il divario fra uomini e donne. Qual è la tua esperienza in merito?

Il gender gap è un’emergenza Paese, l’ho scritto in un’intervista del Corriere del Mezzogiorno e lo ripeto. Con gli Stati Generali delle Donne (associazione presieduta e creata da Isa Maggi) della quale faccio parte, abbiamo pubblicato il libro “100 donne che cambieranno l’Italia”, testimonianze di donne normali che lavorano nei loro territori per fare la differenza. Abbiamo promosso incontri in tutta Italia, soprattutto nelle scuole. Ogni donna opera nella propria Regione, il mio impegno è stato per la Campania e in particolare ho coinvolto gli studenti dell’Istituto Alberghiero di Vico Equense e il Liceo Omnicomprensivo di Meta di Sorrento per parlare di violenza e cyber-bullismo.

Durante il lockdown Isa Maggi ha continuato l’attività da remoto con incontri istituzionale ad alto livello, ma purtroppo i dati sono sconfortanti. Un report rilasciato dal Servizio analisi criminale interforze del Ministero dell’Interno ha messo in evidenza come la violenza di genere sia aumentata durante il periodo di lockdown dovuto alla pandemia: 59 le donne uccise nel primo semestre del 2020 e, se nel 2019 costituivano il 35% degli omicidi totali, quest’anno l’incidenza si attesta al 45%. I numeri si commentano da soli. Ecco perché sono convinta che questa sia un’emergenza Paese.

 

- L’Italia ha perso posizioni nella classifica “Global Gender Gap 2020”. Non solo inegualità a livello salariale, ma per le donne vi sono minori opportunità di partecipare alla vita economica del Paese e pochissime possibilità di entrare nella vita politica. Come vedi il futuro a breve termine? 

Nel report citato il Nicaragua e fra i paesi più progrediti… nessuna di noi deve smettere di lottare per la parità! Su questo tema ho preso parte alle riunioni di Prime Minister, altra rete di donne che promuove l’attivismo e la partecipazione delle donne in politica.

“Non molliamo”: questo è il messaggio. Non dobbiamo lasciare spazio a chi pensa cose tipo “le donne hanno voluto la parità e allora è un problema loro riuscire a gestire lavoro, casa, famiglia etc.”.

Recentemente ho apprezzato alcune fiction come “Unorthodox” storia di ribellione di una giovane ragazza ebrea newyorkese dei tempi moderni, mentre ora mi sono appassionata a Borgen, un romanzo che racconta la vita della prima donna arrivata a ricoprire la carica di primo ministro in Danimarca. La storia è costellata di esempi da prendere come ispirazione: dobbiamo farci illuminare e guidare da questi.

 

- Quale consiglio ti sentiresti di dare alle donne che ci leggono?

Mai arrendersi! Churchill diceva che il successo, come il fallimento, non è eterno: l’importante è saper continuare.

 

Grazie a Maria Pia per il contributo sul gender gap: un tema reso un vero e proprio vulnus, specialmente in Italia, dopo la pandemia.

Non è più solo una questione di diritti, ma di visione strategica: il concetto di pari opportunità significa dare la possibilità al 50% della popolazione mondiale, le donne, di esprimere tutto il proprio potenziale.

 

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Francesca Fantini
Autore

Francesca Fantini

Nata da un felice connubio tra Italia del nord e del sud, possiede il gene prepotente della curiosità. Copywriter di professione, storyteller per vocazione, vegetariana per scelta, nel tempo libero fa esperimenti ai fornelli e acquista più libri di quanti potrà mai leggerne.

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