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7' di lettura

 

Il controllo delle informazioni è uno dei modi in cui si combatte una guerra. 

Oggi forse ne siamo più consapevoli, poiché siamo tutti facilmente soggetti all’informazione - e alla disinformazione - veicolata dai media digitali. 

La guerra in Ucraina è la prima in seno all’Europa che ha una copertura mediatica pervasiva, la quale avviene su più piattaforme e da più punti di vista. Non c’è più solo “l’occhio” ufficiale delle televisioni o le immagini dei fotoreporter: ogni persona che si trova in mezzo al conflitto può usare il proprio smartphone per documentare quanto sta accadendo.  

Se quindi, da un lato, i media digitali agevolano le possibilità di comprensione del conflitto e ci rendono più consapevoli di cosa sta succedendo, dall’altro lato sono oggetto frequente di manipolazione e propaganda. 

Senza voler entrare nel merito del conflitto, vogliamo però analizzare ciò che sta succedendo in Ucraina dal punto di vista dei media digitali: dall’uso che si fa delle piattaforme allo spinoso argomento della libertà d’informazione. 

 

All'interno di questo articolo parleremo di:

  1. Guerra e connessione internet: l'intervento di Elon Musk
  2. La prima guerra su TikTok
  3. Guerra informatica: gli attacchi di Anonymous alla Russia 
  4. Libertà dei media in Russia, una questione spinosa
  5. La guerra dei social: il blocco di Meta in Russia
  6. Le società tecnologiche abbandonano la Russia
  7. Un messaggio dal mondo digitale a quello reale

 

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1. Guerra e connessione internet: l’intervento di Elon Musk

 

Grazie a internet, fin dal primo giorno dell’attacco, le istituzioni ucraine e la popolazione hanno potuto coordinare le loro attività militari e di difesa, e hanno inoltre potuto mostrare al mondo video e fotografie delle distruzioni causate dagli attacchi russi. 

Il tentativo della Russia è stato di interrompere le telecomunicazioni, motivo per cui il 26 febbraio il vice primo ministro dell’Ucraina Mykhailo Fedorov scrisse un tweet rivolto a Elon Musk chiedendogli di fornire copertura con i terminali di Starlink. 

Elon Musk non ha tardato a rispondere: Starlink è ora attivo in Ucraina. Il sistema permette di connettersi anche se le reti via cavo e cellulari fossero compromesse. È la prima volta in cui l'intervento di un privato può aver cambiato le sorti dell'Ucraina, quantomeno in termini di coordinamento delle comunicazioni.

 

Schermata 2022-03-16 alle 10.58.47Il profilo Twitter di Elon Musk. 

 

2. La prima guerra su TikTok

 

Tra gli altri, il New Yorker l’ha proprio definita “the first TikTok War”: centinaia di giovani ucraini che si sono ritrovati in mezzo al conflitto hanno deciso di filmare e condividere ciò che sta succedendo. La piattaforma, prima inondata principalmente da clip di intrattenimento, ora ospita anche scene violente degli attacchi e delle difficoltà della popolazione colpita, insieme a video che cercano di sdrammatizzare sulla situazione in corso. 

Secondo Il Post, “soltanto tra il 20 e il 28 febbraio, le visualizzazioni dei video taggati con #Ukraine sono passate da 6,4 miliardi a 17,1 miliardi — 928.000 visualizzazioni al minuto. Al 3 marzo, erano già diventate 22,5 miliardi”. 

 

Guerra in Ucraina su TikTokDa sinistra: Nikita Redkar, TikToker che vive a Londra; Pdotz, TikToker britannico; Niki Proshin, TikToker russo. Fotografia di TikTok apparsa sul Guardian.

 

3. Guerra informatica: gli attacchi di Anonymous alla Russia

 

Anonymous, il noto gruppo di hacker, si è schierato apertamente in sostegno del popolo ucraino, lanciando degli attacchi informatici alla Russia. È stato attaccato il sito del governo russo, diversi giornali ritenuti di parte, le televisioni e sono stati diffusi migliaia di documenti riservati. Il gruppo spera così di riuscire a indebolire la propaganda domestica del governo russo: la guerra per Anonymous si combatte su questo fronte digitale, nel tentativo di fare “debunking" delle informazioni false. 

Ecco un interessante video pubblicato da Will_Ita in cui si spiega esattamente chi è il gruppo Anonymous, il collettivo di hacker più famoso al mondo.

 

 

 

 

4. Libertà dei media in Russia, una questione spinosa

 

La libertà dei media e dei mezzi di comunicazione costituisce un elemento essenziale dello sviluppo democratico di un Paese. Su questo punto potremmo dilungarci per pagine e pagine, con centinaia di esempi che nel corso degli anni si sono succeduti. Ci limiteremo però solo a fornire qualche dato incontestabile. 

Il primo è che, secondo il World Press Freedom Index (l’associazione che indaga il grado di libertà di stampa nei vari Paesi del mondo), la Russia è al 150° posto su 180, confermandosi uno Stato in cui, come aveva scritto la giornalista Anna Politkovskaja prima di essere assassinata:

 

certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano.

 

L’Italia è al 41° posto, l’Ucraina al 97°. La Norvegia è al primo posto. 

Questo tipo di repressione mediatica possiamo considerarlo un retaggio dell’Unione Sovietica: ricordiamo per esempio il samizdat, pratica diffusissima fino a pochi anni fa di battere a macchina e pubblicare segretamente i libri degli altri. Racconta Paolo Nori:

 

i libri che valevano tanto, sembra incredibile,

 

i libri che dicevano delle cose importanti, sembra incredibile, facevano paura. Lo stato, il grande stato sovietico,

 

il grande regime sovietico, la più grande potenza mondiale, aveva paura dei libri. 

 

Leggi draconiane, blocco dei siti web, tagli all’accesso a internet e restrizioni per le principali testate giornalistiche sono misure che la Russia adotta forse da sempre, ma sicuramente dopo le grandi proteste anti-governative. Queste misure le stiamo vedendo anche oggi: il 4 marzo 2022 la nazione ha approvato una legge con la quale punisce con il carcere fino a 15 anni chi diffonde “notizie false” sull’invasione dell’Ucraina, o che “screditano” le forze armate russe. Fra le altre cose, non si possono più usare alcune parole come “guerra” e “invasione” in riferimento all’Ucraina, pena l’incarcerazione. 

Per questo motivo, molti media indipendenti (tra cui BBC, CNN, la Rai etc.) hanno sospeso le loro attività nel Paese. Ma non solo: Novaya Gazeta, uno dei pochi giornali indipendenti russi, il cui direttore l’anno scorso aveva vinto il premio Nobel per la Pace, ha interrotto la copertura delle notizie sull’invasione dell’Ucraina. Non senza un cipiglio di protesta: alcune pagine del giornale sono state lasciate volutamente vuote, a sostenere l’impossibilità di fare una corretta informazione. 

 

libertà di stampa in RussiaLe pagine bianche di protesta, su Novaya Gazeta. 

 

Parallelamente, l’Unione Europea ha deciso di vietare la trasmissione dei canali di propaganda russa - RT e Sputnik - su tutte le piattaforme.

Il tema delle fake news è delicato da affrontare poiché vede protagonista ognuno di noi, motivo che ci rende particolarmente sensibili: pensiamo alla tragedia della donna incinta morta, col suo bambino, a causa del bombardamento dell’ospedale di Mariupol, su cui è stato montato un caso dalla propaganda russa per metterne in dubbio la veridicità. 

Ma d’altronde, lo abbiamo detto in apertura di questo articolo: una guerra oggi si combatte anche attraverso la manipolazione delle informazioni, e i media digitali, che hanno pressoché eliminato gli intermediari della comunicazione, producono notizie che si rincorrono a un ritmo frenetico, prive di controllo e molto spesso di fondamenta. 

 

 

5. La guerra dei social: il blocco di Meta in Russia

 

La repressione della libertà di stampa va di pari passo con il controllo dei media: parallelamente alla stretta sui giornali e i canali “tradizionali” di comunicazione, la Russia ha bloccato l’accesso a Facebook, Twitter e Instagram. Secondo Anton Gorelkin, membro della commissione della Duma (un organo legislativo) sulle comunicazioni:

 

quello che Meta sta facendo è chiamato 'incitamento all'odio razziale', che nella legislazione russa si qualifica come estremismo.

 

Dopo la decisione di oscurare i social, un portavoce di Meta (di cui Facebook fa parte) ha dichiarato che

 

se applicassimo le nostre policy sui contenuti standard, senza alcun cambiamento, ora rimuoveremmo i contenuti dei cittadini ucraini che esprimono la loro resistenza e rabbia contro le forze militari dell’invasore, il che sarebbe giustamente considerato inaccettabile. 

 

 

6. Le società tecnologiche abbandonano la Russia 

 

Molte società tecnologiche stanno sospendendo le attività in Russia: preoccupazione per l’incolumità del popolo ucraino, volontà di dissociarsi dal conflitto, apprensione legata alle sanzioni applicate alla Russia e al compromesso equilibrio geopolitico stanno portando molte delle più grandi imprese al mondo ad abbandonare il territorio russo, nella speranza che siano anche queste azioni di protesta a convincere il governo di Putin a rivalutare le proprie azioni. 

Apple, Samsung e Microsoft, ossia tre delle aziende tecnologiche più grandi al mondo hanno preso una decisione in tal senso. Ma non solo: PayPal, Netflix, Ikea, Goldman Sachs, Lego, Nike, Visa e molte altre hanno deciso di cessare le proprie attività sul territorio russo.

 

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7. Un messaggio dal mondo digitale a quello reale

 

In conclusione, lo scenario della guerra tra Russia e Ucraina è ancora in evoluzione, così come lo sono i possibili usi dei media digitali. Osiamo sperare che il mondo virtuale possa portare un messaggio a quello reale: l’unica lotta che ha senso abbracciare è quella per la pace. 

 

Il calciatore ucraino Andriy Shevchenko manda un messaggio di pace. 

 

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Francesca Fantini
Autore

Francesca Fantini

Nata da un felice connubio tra Italia del nord e del sud, possiede il gene prepotente della curiosità. Copywriter di professione, storyteller per vocazione, vegetariana per scelta, nel tempo libero fa esperimenti ai fornelli e acquista più libri di quanti potrà mai leggerne.

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