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Il coaching può essere uno strumento molto potente se ben utilizzato. Si tratta infatti di una metodologia che segue delle regole precise attraverso cui accompagnare il coachee nel raggiungimento del proprio obiettivo. 

All’interno dell’articolo “Il Coaching: di cosa si tratta e quali sono i benefici per le imprese” abbiamo visto come nasce questa metodologia e quali sono le caratteristiche principali che la definisco. In questo nuovo articolo vedremo insieme quali sono le tipologie di colloqui che possono essere svolti e quali aspetti contraddistinguono ciascuno di essi.

Facciamo un passo indietro. In origine, quando Tim Gallwey e Sir John Whitmore iniziarono a lavorare con la metodologia del coaching si tratta di incontri one to one. Il coaching è nato, infatti, con lo scopo di supportare l’individuo nel suo processo di crescita personale, facendo sì che il potenziale di ciascuno raggiungesse il massimo della sua espressione.

Tuttavia, come ben sappiamo, le organizzazioni sono composte di persone a volte lavorano in gruppo, condividendo obiettivi e progettualità motivo per cui il coaching deve evolvere da una dinamica one-to-one ad una dinamica di team. Questi fattori hanno portato, nel corso degli anni, ad arricchire la metodologia e ampliarla affinché potesse essere efficace anche in situazioni differenti, per queste ragioni nell’articolo affronteremo i seguenti temi:

  1. Coaching individuale: le caratteristiche
  2. Group Coaching, il vantaggio di lavorare con altri
  3. Group e Team Coaching: le differenze
  4. Conclusioni

 

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1. Coaching individuale: le caratteristiche

 

Il coaching individuale è la forma più classica attraverso cui può essere sviluppata questa relazione. Iniziare una relazione di coaching significa innanzitutto accettare la corresponsabilità e il rispetto di alcune regole chiave. Queste regole, che fanno parte del patto di coaching, sono regole che il coach condivide tanto con l’organizzazione, quanto con il coachee.

Lo scopo principale di queste regole consiste nel garantire chiarezza e trasparenza della relazione che deve rispettare il codice deontologico che ciascun coach sottoscrive iscrivendosi alla Federazione Coaching (valido sia per l’International Coaching Federation che per l’Associazione Italiana Coach Professionisti). 

Nello stesso momento sarà condiviso il numero di incontri, la modalità di svolgimento (in presenza o da remoto), i momenti di check point con l'organizzazione per validare i singoli obiettivi raggiunti. 

Il percorso di coaching può prendere avvio in diversi modi: 

  1. il primo è il più classico: l'organizzazione individua le persone sulle quali investire e condividere con loro degli obiettivi di crescita.
  2. il secondo caso è invece quello in cui non c'è un'idea chiara di obiettivo per le persone scelte. In questo caso il coach può proporre un assessment in modo da mappare le aree forti e quelle di miglioramento così da condividere con la risorsa coinvolta e con l'organizzazione quello che è un piano d'azione efficace.

 

Gli incontri hanno una struttura pressoché simile l’uno con l’altro: si esplora la storia della persona, la si conosce e si entra in quella che viene definita la “bolla” empatica che definisce un silenzioso patto di fiducia e apertura tra coach e coachee. Colti i punti principali del vissuto professionale del coachee il coach chiede a quale obiettivo professionale si voglia dare priorità e in che modo lo si voglia raggiungere.

Questa è una fase del processo fondamentale e al tempo stesso delicatissima: è il cuore del processo di sviluppo. La risorsa prende consapevolezza del proprio obiettivo, lo visualizza e definisce una prima strategia per raggiungerlo. Da questo momento in poi, di volta in volta, ogni incontro servirà a fare il punto della situazione sulle strategie andate a buon fine, quelle da migliorare e gli obiettivi da raggiungere.

 

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Che strumenti usa il coach in questa fase?

 

Gli strumenti principali di un coach sono tre: domande, riformulazioni, feedback, ... vediamoli insieme.

Le domande sono le cosiddette domande potenti: ogni domanda aperta ben formulata lo è. L’ascolto attivo consente di entrare in contatto con l’altra persona cogliendo le sfumature emotive del racconto, cogliendo gli aspetti salienti che rappresentano vere e proprie pietre miliari del percorso che l’individuo sta attraversando.

Formulare una domanda potente significa cogliere proprio una di queste pietre miliari e arrivare a far riflettere la persona su di esse, sulla loro rilevanza e influenza rispetto al percorso stesso.

La riformulazione ha invece lo scopo di validare quanto si è compreso. Come ICF ci ricorda, il coaching non prevede interpretazione o diagnosi, quindi essere certi di aver compreso esprimendo le stesse parole utilizzate dal nostro interlocutore è un momento di confronto rilevante: si rende oggettiva una storia e si permette alla persona di guardarsi da una prospettiva differente.

Infine, abbiamo il feedback; riformulare è già una piccola forma di effetto specchio in cui l'utente ottiene una risposta alle proprie azioni. Il feedback si utilizza come strumento di valorizzazione di un’azione o una strategia attuata. Come spunto per la riflessione sulle nuove azioni da compiere e per guardare quanto avviene in modo oggettivo e analitico.

 

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2. Group Coaching: il vantaggio di lavorare con gli altri

 

Per affrontare questo tema dobbiamo riferirci allo studio della psicologia dei gruppi.

 

Il gruppo è qualcosa di più, o per meglio dire, qualcosa di diverso della somma dei suoi membri: ha una struttura propria, fini peculiari e relazioni particolari con altri gruppi.

 

K. Lewin

 

Quasi 50 anni dopo, nel 1992 nel suo libro (Gruppi di lavoro, lavoro di gruppo, Ed. Cortina) il professor Quaglino affermerà che il gruppo è “soggetto sociale organizzato e vivente”. In sostanza i singoli individui quando entrano in relazione con altri sviluppano nuove e diverse modalità di interazione e ragionamento rispetto a quelle che agirebbero da soli.

Per questa ragione, riunire in gruppo le persone favorisce lo sviluppo di idee, di creatività e di soluzioni diverse da quelle che sarebbero emerse facendole lavorare in modo individuale.

 

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Perché svolgere una sessione di coaching in gruppo?

 

Abbiamo visto che il gruppo apre a possibilità di relazione e sviluppo di idee diverse da quello che avviene nella nostra vita “individuale”. Per questa ragione anche nella gestione delle sessioni di coaching si è scelto di valorizzare questi elementi, favorendo lo scambio tra persone che lavorano nella stessa azienda o in aziende differenti e con ruoli non necessariamente correlati tra loro.

Nel caso del group coaching ciascun membro del gruppo viene facilitato e supportato nel raggiungimento del proprio obiettivo.
Il patto di coaching è condiviso con ciascuno, ci sono regole di conduzione e timing molto chiari che evitano che la sessione diventi un momento di chiacchiera o un brainstorming senza alcuna finalità.

Il coach assume a tratti il ruolo di facilitatore sia dello sviluppo di un buon clima nel gruppo, sia del supporto allo sviluppo di potenziale di ognuno.

Ogni gruppo ovviamente è a se stante, per cui la struttura degli incontri e il numero delle sessioni varierà in base agli obiettivi, al numero dei partecipanti e anche alle condizioni di clima e intimità che il gruppo riesce a creare. Di solito questa modalità di conduzione prevede un numero di incontri ridotti (3 o 4) che possono durare mezza giornata ciascuno.

 

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3. Group e Team Coaching: le differenze

 

Perché parlare di team quando abbiamo appena parlato di gruppo? La sociologia e la psicologia ci insegnano che tra gruppo e team c’è una differenza fondamentale: l’obiettivo.

Nel gruppo ogni componente ha il proprio obiettivo, valorizza il contributo che il gruppo genera ma per perseguire il proprio scopo individuale.

L’asse del gruppo si sposta verso il team quando lo scopo diventa un fattore comune sul quale lavorare insieme. Quindi, non solo si valorizza il fatto di essere insieme, ma si orienta la propria azione al raggiungimento di un risultato che ha lo stesso valore e la stessa importanza per tutti.

Il coach, in questo caso come nel precedente, dovrà facilitare le persone affinché tutte possano esprimere la propria visione e il proprio punto di vista per arrivare a definire il piano d’azione che le condurrà all’obiettivo comune.

Il coach non è a capo o non guida il team, si limita a far sì che tutti continuino a mantenersi focalizzati sullo scopo da raggiungere.

Quindi, come possiamo vedere, la metodologia rimane identica nelle due situazioni in cui più persone vivono insieme il processo di coaching.

La differenza vera e sostanziale sta nel fatto che nel primo caso ognuno ha un proprio obiettivo e un piano d’azione che metterà in atto, il gruppo sarà un fattore di potenziamento delle idee e delle singole risorse.

Nel secondo caso, quello del team coaching, il gruppo lavorerà insieme quasi come fosse un individuo; tutti parteciperanno allo stesso piano d’azione affinché si raggiunga l’obiettivo comune.

 

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4. Conclusioni

 

Il coaching da strumento rilevante e di impatto sulla vita professionale di una persona, diventa uno strumento fondamentale anche per rafforzare il team o per valorizzare le energie all’interno di un gruppo di lavoro.

Nel corso dell’articolo abbiamo visto come il coaching segua sempre una metodologia precisa e puntuale: esplorazione, riformulazione, obiettivo, piano d’azione.

Il coachee è autonomo nel definire il proprio workout, ossia l’insieme delle azioni pratiche che serviranno a realizzare il piano d’azione e sviluppare il proprio obiettivo.

In ogni caso, in gruppo o da soli, chi segue il percorso di coaching ha la piena responsabilità del successo nel raggiungimento del proprio obiettivo e, al tempo stesso, sente che ogni workout non affrontato con il giusto intento rappresenterà un atto di sabotaggio volontario del proprio progetto di crescita, personale e professionale.

All’interno delle organizzazioni, la possibilità di poter lavorare con gruppi o con team facilita la gestione di quelli che possono essere problemi comuni legati alla gestione della comunicazione, al clima tra le persone, alla capacità di dare e ricevere feedback. Coinvolgere in questo tipo di processi i team e i gruppi fornisce la possibilità di restituire a ciascuno una visione diversa dei propri colleghi che, all’improvviso, diventano alleati preziosi e di supporto, fondamentali per garantire il superamento degli ostacoli.

 

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