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5' di lettura

La società  in cui viviamo cambia a vista d’occhio. C’è chi dice che il mondo sia cambiato di più negli ultimi 30 anni che nei precedenti 100. Quella in cui viviamo è un’epoca caratterizzata dall’assenza, o quasi, di punti di riferimento costanti: tutto cambia molto velocemente e sentirsi disorientati non è poi così inusuale.

Dai dati delle ricerche svolte dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) solo nel 2012, le persone hanno generato più dati di quanti tutta l’umanità ne abbia prodotti dalle sue origini al 2010 (Weigend, 2012).

Nel 2018 sono stati scritti più di 500 mila tweet al giorno (Omnicore, 2019). La digitalizzazione pervade ormai ogni ambito della nostra vita, attraverso app per la gestione dell'attività fisica, per ascoltare la nostra musica e per la lettura, strumenti per la gestione finanziaria, tools per la gestione dei meeting e delle attività di business. Questo repentino aumento nell’utilizzo della tecnologia rende sempre più importante lo sviluppo di nuove competenze in ambito digitale.

Ecco perché oggi è essenziale sviluppare e allenare una mente aperta al cambiamento grazie alla competenza del digital mindset (per un approfondimento si rimanda all'articolo Di forma mentis e Digital Mindset: raggiungere il successo modificando i propri schemi mentali) che ci consente di guardare alla digital transformation cogliendone a pieno le opportunità.

Ma  avere una mente aperta non è sufficiente, è importante acquisire anche le competenze necessarie per muoversi con consapevolezza tra informazioni, notizie, video e tutto ciò che abbiamo a disposizione sviluppando la capacità di ricerca, analisi e selezione delle informazioni disponibili per accrescere realmente la nostra conoscenza.

Ecco allora che diventa fondamentale potenziare in modo appropriato la digital literacy o alfabetizzazione digitale. In questo articolo parleremo di:

  1. Digital literacy: una definizione
  2. Quali implicazioni ha la digital literacy?

 

 

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Digital literacy: una definizione

L’espressione digital literacy è oggi largamente diffusa. Ma cosa vuol dire? Il primo ad averla introdotta è stato Paul Gilster che, nel 1997 nel suo libro intitolato "Digital Literacy", l'ha definita come:

 

la capacità di comprendere e utilizzare le informazioni, in diversi formati, a partire da una vasta gamma di fonti accessibili tramite computer.

 

Nel 2004 un altro studioso, Wilhelm, ha suggerito che una persona con una alfabetizzazione digitale dovrebbe essere in grado di “accedere, gestire, integrare, valutare e creare le informazioni”. La Cornell University, nel 2009, l’ha definita come “la capacità di trovare, valutare, utilizzare, condividere e creare contenuti utilizzando le tecnologie dell'informazione e Internet”.

L'American Library Association (2013), invece, l'ha definita “la capacità di utilizzare le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per trovare, valutare, creare e comunicare informazioni, richiedendo sia abilità cognitive che tecniche”.

È evidente, dunque, che col passare degli anni la definizione di “digital literacy” sia stata man mano affinata e approfondita: se volessimo riassumere tutto in unica definizione, questa potrebbe essere:

 

capacità di utilizzare Internet e le tecnologie dell’informazione per accedere, gestire, integrare e valutare le informazioni a partire da una vasta gamma di fonti accessibili tramite svariati dispositivi tecnologici.

 

E fare ciò è oggi più semplice e facile di quanto non sia mai stato in passato: l’accesso a Internet, e alla miriade di contenuti disponibili sulla rete, ha sicuramente facilitato il processo di democratizzazione della conoscenza, visto che basta una semplice connessione dati per poter accedere alla biblioteca, gratuita, più vasta che l’uomo abbia mai avuto a disposizione.

Per informarsi attraverso l’uso di strumenti digitali, però, non basta avere accesso alle informazioni, bisogna essere in grado di individuare quelle rilevanti, di valutarle e di saperle mettere nella giusta prospettiva combinando tra loro fonti e materiali differenti.

 

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Quali implicazioni ha la digital literacy?

Lo sviluppo della digital literacy implica tanto la conoscenza delle logiche di funzionamento della rete - come l’utilizzo dei motori di ricerca e dei link - quanto l’impiego di una componente cognitiva che prescinde dal fatto che si stia utilizzando un canale online per soddisfare il proprio bisogno informativo, ma che allo stesso tempo non può non tenere conto del fatto che l’abbondanza delle informazioni presenti online renda più complesso il processo cognitivo stesso.

Ecco perché una persona che padroneggia una competenza come la digital literacy dovrebbe:

  1. avere una certa familiarità con i luoghi online in cui è possibile trovare informazioni;
  2. essere in grado di utilizzare le giuste keyword per portare avanti la propria ricerca;
  3. avvalersi di strumenti che si occupano della raccolta di materiali provenienti da fonti diverse;
  4. essere capace di valutare la validità di una fonte, facendo particolare attenzione al fenomeno noto come “fake news”.

 

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Conoscere le  principali dinamiche tipiche del web risulta quindi fondamentale e il funzionamento dei motori di ricerca rientra sicuramente tra questi. Un utente, infatti, non può considerarsi “digitalmente alfabetizzato” se non conosce, anche soltanto a un livello minimo, il meccanismo che si cela dietro alla generazione dei risultati di ricerca di uno strumento come Google, visto che le informazioni a cui può accedere (sulla base delle keyword inserite) dipendono proprio dalla logica alla base della cosiddetta “indicizzazione online”.

 

 

I motori di ricerca, dunque, possono essere sicuramente considerati come il primo ambiente online in cui poter trovare delle informazioni. Ma di certo non sono l’unico: dalle varie wiki, a Quora, passando per Google Scholar, ResearchGate, ScienceDirect senza dimenticare la repository di TED, gli strumenti a disposizione degli utenti sono davvero tanti.

Così come molteplici sono anche le soluzioni che permettono agli utenti di non andare alla ricerca dei contenuti, ma che fanno in modo che i contenuti raggiungano direttamente gli utenti: strumenti come Feedly, grazie alla capacità degli utenti di individuare le fonti informative più autorevoli e interessanti, agevolano, e non poco, chi non è mai sazio di conoscere e approfondire nuovi argomenti.

 

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È interessante notare, infine, che oggi ci ritroviamo nella stessa situazione in cui si trovarono le prime generazioni che dovettero imparare ad applicare la grammatica e la sintassi in modo appropriato: come oggi ciò non è più considerato un compito complesso da portare a termine, così tra qualche anno non lo sarà neanche “utilizzare Internet e le tecnologie dell’informazione per accedere, gestire, integrare e valutare le informazioni a partire da una vasta gamma di fonti accessibili tramite svariati dispositivi tecnologici”.

 

In altre parole, la digital literacy è una digital soft skill (per un approfondimento sulle abilità (digitali) si rimanda all'articolo Le abilità (digitali) nell'ambito della digital transformation) che è stata ormai assimilata a una vera e propria competenza di base imprescindibile come lo scrivere, il leggere e il far di conto: tanto da renderla oramai competenza curriculare anche nelle scuole.

La digital literacy è una competenza oramai di grande importanza anche nella vita delle organizzazioni. Per riuscire a portare innovazione è sempre più comune avvalersi di progetti volti a generare Open Innovation, un processo attraverso il quale si cercano fonti, partner e opportunità di "contaminazione" esterna che possano ispirare e innovare le attività che l'organizzazione porta avanti. In quest'ottica saper agire una lettura critica e strutturata delle informazioni e delle fonti risulta un requisito di base per ciascuno di noi.

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Chiara Bua
Autore

Chiara Bua

Digital Innovation Leader in Digital Dictionary. Esponente di spicco del binge-watching da molto tempo prima dell'arrivo di Netflix, non si tira mai indietro quando c'è da scoprire un nuovo ristorante giapponese o una succulenta hamburgheria. È nota al grande pubblico per essere tra le poche persone al mondo ad andare ogni giorno oltre la prima pagina di risultati di Google senza subire danni permanenti al cervello.

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