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9' di lettura

Ogni volta che affrontiamo una situazione che non conosciamo risolviamo un problema; a volte lo facciamo in modo consapevole mettendoci a ragionare su ogni dettaglio, soluzioni e ripercussioni della nostra scelta, mentre altre volte agiamo in modo del tutto automatico.

In entrambe le situazioni stiamo agendo una delle competenze più rilevanti che possediamo, la capacità di risolvere problemi. Si tratta di una competenza che in sé stessa ne racchiude molte altre: l’analisi, la sintesi, la visione di insieme, la capacità di prendere decisioni, solo per fare alcuni esempi.

Proprio così. Ogni volta che affrontiamo una situazione il nostro cervello mette in moto una serie di competenze che ci permettono di trovare una soluzione, la migliore possibile, per quella situazione specifica.

Il problem solving è una competenza estremamente articolata che richiede allenamento e, in molte situazioni, di essere sviluppata e strutturata attraverso precise metodologie. Infatti, abbiamo vari livelli di problem solving, ognuno dei quali è utile a risolvere problemi posti su un differente piano di complessità. Per approfondire e sviluppare questo argomento il nostro articolo seguirà questi punti:

  1. Problem solving: tra metodologia e competenza
  2. Problem solving: le soft skill di partenza
  3. Problem solving: gli step per svilupparlo
  4. Problem solving: strumenti per migliorarlo
  5. Conclusioni

 

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Nonostante sia una competenza già di per sé molto complessa, oggi si arricchisce di una componente, quella digitale. Infatti, come abbiamo visto nell’articolo “Digital problem solving: come risolvere un problema in un mondo digitale?”, a fronte dei cambiamenti apportati dalla digital transformation abbiamo necessità di aggiornare ogni nostra competenza affinchè ci supporti anche in contesti e con tool diversi da quelli a cui il mondo analogico ci ha abituato.

Iniziamo il nostro percorso dall’inizio, dando una definizione a questa competenza e comprendendo come è stata definita dai diversi studiosi che se ne sono occupati.

 

 

Problem solving: tra metodologia e competenza


Problem solving è un termine entrato a far parte del linguaggio comune, chi di noi non si sente ripetere ogni giorno che “è necessario possedere una buona capacità di risolvere i problemi?”.

Tutti noi infatti, siamo coinvolti nella risoluzione delle situazioni che affrontiamo ogni giorno, ogni volta con un diverso grado di difficoltà e complessità.

La nostra efficacia sta nel definire in ciascuna occasione la strategia più adeguata per affrontare la situazione ottenendo il miglior risultato possibile.

 

Tutta la vita è un risolvere i problemi - Karl Popper

 

Il noto filosofo sosteneva che, per validare ogni elemento con il quale ci confrontiamo, noi attuiamo una strategia di verifica che ci consente di distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è.

Per questa ragione parliamo di metodologia e di competenza: come viene evidenziato nei rapporti OECD il problem solving è asseverato a tutti gli effetti tra le competenze dell’uomo ma, al tempo stesso, viene associato alla strategia con la quale affrontiamo il problema.

Il problem solving è stato uno dei principali oggetti di studio delle scienze cognitive, insieme di discipline (tra cui psicologia, linguistica, matematica, neuroscienze, informatica) che hanno quale obiettivo quello di comprendere in che modo la nostra mente processi le informazioni a fronte degli stimoli che riceve dall’ambiente esterno. Questi studi hanno portato allo sviluppo delle tecnologie legate all’Intelligenza Artificiale creando macchine che simulavano il processo di apprendimento ed elaborazione delle informazioni tipiche dell’uomo (tra i primi casi studio ci fu il  Test di Turing).

Newell e Simon, due tra i più famosi autori che hanno fatto parte di questa corrente di studi, leggono il problem solving come la capacità dell’essere umano di recuperare informazioni dalla propria memoria a lungo termine per affrontare i diversi sotto problemi che separano dall’obiettivo che si desidera raggiungere. Vediamo dunque come la soluzione di problemi non si configuri come un “comportamento” ma come un processo che concatena competenze e comportamenti diversi,  attraverso il quale ciascuno attiva le proprie risorse per affrontare la situazione che ha davanti.

Questa commistione tra branche scientifiche differenti ha fatto sì che, nel corso del tempo,  siano state modellizzate molte e diverse strategie efficaci per affrontare i problemi.

Andiamo dai famosi “6 cappelli per pensare” di Edward De Bono, al Problem solving strategico di Giorgio Nardone, alle metodologie legate al Design Thinking e all’utilizzo dei Canvas.

Quindi, vediamo come la stessa competenza possa avvalersi di numerosi e diversi strumenti per essere applicata, questo perché tra le tante competenze che possediamo è quello che ci permette di affrontare le situazioni complesse che caratterizzano il quotidiano.

 

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Problem solving: le soft skill di partenza

 

Così come è complesso affrontare e risolvere un problema, al tempo stesso è articolato valutare tutte le competenze che sono utili ad un problem solver per agire questa capacità.

Le principali possono essere ricondotte a:

 

  • capacità di analisi: utile nella prima fase di comprensione della situazione e della definizione delle sottocategorie di problemi in cui è possibile scomporre la situazione di partenza;

  • capacità di sintesi: utile per identificare l’obiettivo, la soluzione finale che si può raggiungere attraverso l’analisi dei dati;

  • visione strategica: è importante per valutare l’impatto delle soluzioni sul lungo periodo;

  • decision making: fondamentale per decidere quale sia la soluzione migliore da adottare a fronte di tutte le analisi svolte.

  • pensiero laterale/creatività: capacità fondamentale per individuare soluzioni fuori dagli schemi precostituiti, utile alla creazione di prototipi o nuove soluzioni;

  • pensiero critico: efficace per valutare quanto la soluzione a cui stiamo guardando sia effettivamente la migliore e non semplicemente la prima che abbiamo trovato.

Come abbiamo detto il nostro elenco potrebbe proseguire a lungo e questo avviene perché le situazioni con cui ci confrontiamo sono molto diverse tra loro. Possiamo incontrare almeno 4 tipi di problemi:

  1. problemi semplici: la natura del problema è chiara e abbiamo gli strumenti per rispondere, quelle che nelle organizzazioni chiamiamo best practice;

  2. problemi complicati: la natura del problema è chiara ma non abbiamo ogni tipo di strumento utile e quindi ci avvaliamo di esperti, nelle organizzazioni possiamo ricondurlo a una buona prassi;

  3. problemi complessi: trovare causa ed effetto richiede un’analisi articolata, spesso ci avvaliamo del contributo del team per raggiungere a una soluzione e per lo più mettiamo in campo un approccio volto alla sperimentazione di nuove idee,  possiamo chiamarle pratiche emergenti;

  4. problemi caotici: sono le situazioni politiche, sociali e climatiche che stiamo affrontando in questi ultimi anni, situazioni in cui causa ed effetto non solo sono difficilmente identificabili, ma in cui spesso la soluzione di un micro problema ne genera moltissimi di nuovi. In questi casi la tempestività d’azione è la parola chiave e agiamo attraverso pratiche innovative.

Questi 4 gruppi di problemi chiariscono perché sia necessario immaginare il problem solving come un contenitore di competenze che via via va adattandosi alla situazione che ha di fronte. Grazie a questa sua duttilità permette all’individuo di evolvere e di integrare un numero di soluzioni sempre maggiori e sempre più articolate.

 

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Problem solving: gli step per svilupparlo

 

Per migliorare e allenare la capacità di risoluzione dei problemi è necessario procedere per step. Ogni azione è collegata alle diverse fasi di risoluzione dei problemi.

  1. Il primo e fondamentale passaggio è quello di allenare la capacità di identificare i diversi elementi di cui un problema si compone. Infatti, abbiamo spesso la tendenza a tentare di risolvere una situazione che in realtà andrebbe letta come un insieme di problemi piccoli e grandi che sono correlati tra loro. Imparare a identificare un nucleo centrale dal quale partire e i problemi satellite che ad esso sono collegati è un'ottima occasione per avvicinarsi alla risoluzione.

  2. Il secondo step è quello della sintesi: portiamo alla luce le evidenze emerse e definiamo un piano di azione identificando eventuali forme di supporto (persone, specialisti, strumenti) che possono aiutarci per procedere. 

  3. Una volta compresa la strada e le modalità di risoluzione non dobbiamo fare altro che iniziare a risolvere, passo dopo passo, le diverse situazioni problematiche prestando sempre attenzione alle variazioni che la risoluzione dei singoli problemi determina sull’ambiente.

Si avete capito bene: risolvere un problema significa spesso generarne uno nuovo e diverso ed è per questo che è rilevante adottare una buona strategia di decisione che ci consenta di definire quale strada, pur conducendo alla risoluzione attesa,  abbia meno impatti rispetto alle altre.

Quindi, per allenare questa competenza, è rilevante imparare a scomporre le situazioni adattando le proprie scelte di risoluzione in funzione degli impatti che si desidera ottenere.

 

 

Problem solving: strumenti per migliorarlo

 

Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti ci sono differenti approcci funzionali alla gestione e risoluzione dei problemi.

Si tratta di metodologie precise che ci accompagnano nei diversi passaggi facilitando la razionalizzazione e la visualizzazione delle diverse fasi. Spesso, queste metodologie, consigliano di avvalersi di un gruppo di lavoro per ampliare i punti di vista rispetto alla gestione di situazioni articolate.

Per parlare di strumenti ci rifacciamo alle strategie di Design Thinking, ossia di un approccio che nasce allo scopo di trovare soluzioni creative e innovative a problemi complessi.

Il Design Thinking nasce per favorire la visualizzazione e condivisione dei problemi in modo ordinato e strutturato. Non a caso è un approccio che si basa su strumenti che ci permettono di disegnare il problema e le sue possibili soluzioni formulando ipotesi e idee secondo schemi precisi.

Tra gli strumenti più noti abbiamo le mind map: una vera e propria mappa che ci consente di partire da un elemento comune per sviluppare tutte le diramazioni che possano essere generate dallo stesso. Questo consente di analizzare un problema in ogni sua componente guardando concretamente che tipo di ricadute possano esserci.

 

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E’ importante parlare del double diamond, tipico del problem solving creativo. E’ uno strumento molto efficace per facilitare il brainstorming, si chiede alle persone di lavorare secondo due fasi di esplorazione di risoluzioni del problema. La prima fase è quella divergente nella quale ciascuno formula ipotesi e idee in modo casuale e senza pregiudizio. La seconda fase invece, è quella della convergenza durante la quale l’invito è quello di prendere le proposte più interessanti per svilupparle insieme.

Entrambi questi metodi di analisi e sviluppo sono molto articolati e nascono per rispondere alla necessità di risolvere complessi e sofisticati problemi nel mondo dell’innovazione.

Tuttavia, se usati con metodo, sono facilmente applicabili ad ogni contesto e situazione portando con sé il grande vantaggio di poter visualizzare il problema e le soluzioni e di condividerlo con altri.

 

Conclusioni

 

Abbiamo visto che il problem solving è una competenza che racchiude in sé diverse sottocompetenze che si fanno via via più articolate e numerose in funzione della situazione da affrontare.

Per questa ragione sono molte le scienze che si sono dedicate allo studio di questa capacità umana che è quella che meglio racconta i percorsi che la nostra mente compie per elaborare le informazioni e procedere verso una decisione.

E’ una capacità talmente articolata che prevede di poggiarsi su metodi strutturati proprio per migliorare la qualità di ciascuna fase di elaborazione delle informazioni a nostra disposizione.

Inoltre, essendo alla base degli studi sull’intelligenza artificiale, è una di quelle competenze che è maggiormente correlata allo sviluppo del digitale ed è fondamentale mantenere l’allenamento proprio per stare al passo con i tempi.

 

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Katia D'Amico
Autore

Katia D'Amico

Head of Education in Digital Dictionary. Giocatrice di Lego dal 1980, amante di Star Wars e di ogni tipo di prequel e sequel prodotto ad oggi. Incapace di star ferma, curiosa del mondo per scoprire cosa succede di nuovo e per imparare qualcosa. Sbadata e con la testa tra le nuvole, amo inciampare e ridere di me.

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